Il 21 dicembre il sole ricomincia la sua risalita verso la luce, le giornate iniziano lentamente ad allungare. Si celebra quindi la rinascita del sole. Questo giorno era compreso nel periodo dei saturnali, che terminavano il 23 dicembre con i Larentalia, celebrazione dei Lari gli antenati così chiamati dagli etruschi. Quando Numa pompilio aggiunse nel calendario i mesi di gennaio e febbraio,alle none di gennaio, il 6, si iniziò a celebrare gli antenati arcaici con la celebrazione dei Compitalia. Questa festa è diventata poi la Befana. I Compitalia precedentemente erano celebrati il 2 di gennaio, in onore della dea etrusca Mania, dea dei morti, intesa come madre degli antenati, i Lari. Si facevano offerte di dolci a base di miele presso i templi situati sui crocicchi. Ce lo riportano Dionigi di Alicarnasso, Ambrogio Teodosio Macrobio e Tito Pomponio Attico.
Tornando ai Saturnalia, questi si protraevano fino al 23. Queste celebrazioni erano il fulcro del mese di dicembre e onoravano l’antica età dell’oro e il dio Saturno, dio delle origini e dio dei seminati, accolto da Giano già signore del Gianicolo. Saturno avrebbe infatti regnato su tutto il creato nella mitica età dell’oro, quando la primavera era perpetua, vi era abbondanza di ogni frutto della terra e uomini e dei vivevano insieme e non v’era necessità di lavorare né distinzioni sociali. Stiamo parlando dell’epoca in cui l’uomo sviluppò le prime forme di agricoltura, epoca neolitica. Il nome del dio è da connettere con la radice indoeuropea sat-‘, da cui derivano le parole latine satis e satur, che indicano appunto pienezza, abbondanza, ricchezza, soddisfazione. Era colui che inventò le orge, appunto perché divinità dell’abbondanza. Egli rappresentava anche la ciclicità della natura. Nel periodo dei Saturnalia si annullavano le differenze sociali che venivano talvolta addirittura sovvertite; era come ritornare al caos primordiale prima della nascita della cose. Spesso festeggiamenti che avvenivano con banchetti e brindisi, finivano in orge. In questo periodo si faceva anche la Strenna occasioni conviviali in cui ci si scambiavano i dono dette strenne.
Strenua era un’antica divinità italica preromana, sabina e forse anche etrusca. Era la dea della salute, della forza e del benessere fisico, la parola “strenuo” significa per l’appunto tenace, che non potevano essere disgiunti dalla fertilità dei campi e dall’abbondanza dei frutti della Natura. A Strenua era dedicato un bosco sacro e, presso i Sabini, era segno di amicizia e di buon augurio regalare un mazzo di rami tagliati in questo bosco. Si dice che un tale mazzo fosse stato regalato a Romolo dai primi cittadini romani, subito dopo la fondazione di Roma. Il suo culto si celebrava nell’antica Roma dove c’era un santuario a lei dedicato.Veniva festeggiata nei giorni a cavallo fra l’anno vecchio e l’anno nuovo e, nella ricorrenza, i Romani si scambiavano doni, inizialmente i rami del bosco sacro, poi vari ramoscelli accompagnati poi da frutti o altri doni più preziosi, erano le strenne, che dalla dea Strenua hanno tratto il nome e che si sono perpetuate fino ai nostri giorni.
Col tempo STRENUA di identificò con la SALUS PUBLICA, nonché con la SALUS AUGUSTI e, come tale, effigiata sulle monete.
Ma in campagna, nei villaggi (pagus), la dea Strenua fu sempre venerata come dea dell’abbondanza dei frutti della terra, mantenendo il suo carattere agreste e naturalistico. E insieme a lei si venerava anche Diana, la dea lunare che scandiva il tempo delle semine e dei raccolti. Entrambe erano manifestazioni della primitiva Dea Madre e i contadini credevano che Strenua e Diana, con tutte le sue ninfe, nelle notti seguenti il solstizio d’inverno, volassero sopra i campi per controllare e proteggere i semi che cominciavano a germogliare sotto la terra. Da qui nacque il tema del corteo selvaggio, o caccia selvaggia che aveva contemporaneamente la duplice caratteristica di essere un corteo di spiriti benevoli capeggiati dalla Diana luminosa che portava doni e benedizioni e un corteo oscuro formato da spiriti terrificanti, morti e distruttori, che avevano il compito di portare via il vecchio, il passato tempo che l’anno vecchio si portava via. Faceva paura, ma era necessario.
Con l’affermazione del Cristianesimo nei tempi che seguirono l’editto di Costantino, le antiche feste pagane furono sostituite da quelle cristiane. Il 6 gennaio venne istituita la festa cristiana della Epifania, ma la traccia delle precedenti feste pagane è rimasta, oltre che nelle strenne, nella Befana che, come Diana e Strenua, vola nella notte cavalcando una scopa che altro non è che il mazzo di rami tagliati dal bosco sacro di Strenua o sepolti sotto terra per propiziarsi la neve.
Anche il culto di Diana prevedeva un mazzo di rami, precisamente di salice bianco, che veniva sepolto sotto la terra per propiziare la venuta della neve che era propizia per proteggere i semi sottoterra dalle temibili gelate. Da qui il vecchio detto “sotto la neve, pane”.
Benefiche erano le Dee protettrici del benessere degli umani e della Natura, benefica è la Befana dispensatrice di doni. Il nome Befana è una storpiatura del nome Epifania.
Anche il nome Strenua, già variabile da un pagus all’altro, andò a fondersi con la parola Strega, indicando non più una benefica dea ma una creatura demoniaca da perseguitare, poiché così l’aveva trasformata la Chiesa nel medioevo con l’intento di sradicare i riti pagani che ancora resistevano nelle campagne.
Forse per questo la Befana è vecchia e brutta o forse perché personifica la brulla natura invernale, la Dea Madre vegliarda, che pian piano tornerà a fiorire a primavera. O forse entrambi i motivi si sono compenetrati.
Del resto, Strenua e Diana erano due delle dee nelle quali si erano separati i molteplici aspetti dell’antica unica dea, poteremmo infatti parlare della dea Diana Strenua, dove “strenua” forse un tempo arcaico fu un attributo della dea Diana.
Il rito delle 12 notti di cui si parla spesso, in origine iniziava il 21 fino al primo dell’anno, con in più la preparazione alla vigilia del solstizio. In queste notti si facevano offerte agli dei, per gratitudine, in particolare a Giano/Fauno bifronte, si facevano considerazioni sull’anno che stava per finire e si formulavano nuovi propositi per il nuovo anno. Il solstizio celebrava la rinascita della luce a compimento dei giorni di festa che avevano movimentato il periodo precedente e cioè i Saturnalia, mentre il 23 dicembre era dedicato ai Larentalia celebrando l’antenata arcaica Acca Larentia, considerata anch’essa, come Mania, madre dei Lari; in questo giorno si onorava anche Diana e Giunone Regina. Probabilmente quest’ultima festività si unì ai Compitalia e divenne la festa delle Befana, unita alle celebrazione delle dea Strenua dette origine a questa figura. La sua importanza data anche dalla Chiesa rispondeva alle esigenze popolari che affondavano le loro origini in secoli di celebrazioni in onora della Dea Madre Vecchia, la Madre Natura che in questo periodo è ormai anziana, ma con la forza della madre antenata che sempre sostiene i suoi figli. Infatti dopo l’avvento del cristianesimo la natività dal solstizio si è spostata al 25 e la Befana si è spostata al 6 gennaio, coincidendo con i Compitalia di Numa Pompilio.
Da tutto ciò emerge che la dea Strenua e la dea Mania (Leland ce la riporta come Mania della Notte) coincidono con Diana l’Antica, l’Anziana, Diana oscura.
Conclusioni
La Strega figlia di Diana nel mese di dicembre inizierà la prima settimana del mese con il cominciare a preparare le Strenne da consegnare alle persone amate e al cerchio rituale di cui fa parte, se ne ha uno; poi al plenilunio si dedicherà alla celebrazione della luce che sta per rinascere, se questo giorno sarà prima del solstizio, sarà un modo per anticiparlo, altrimenti si potrà onorare il giorno di Santa Lucia, il 13, che è stato una creazione della Chiesa per sostituire il solstizio, oppure per rimpiazzare la celebrazione delle Idi che avevano origine a loro volta dai rituali della luna piena. Oppure si potrebbe in alternativa celebrare l’Immacolata Concezione, l’8 dicembre, con la stessa funzione del giorno di Santa Lucia.
Poi si passa alla vigilia del solstizio, il 20, nella quale ci si prepara al sacro evento della rinascita luminosa, proseguendo con il rito delle 12 notti che si protrae fino al primo dell’anno, non dimenticando di onorare gli antenati familiari il 23 dicembre e la Dea Diana oscura, colei che tutto ci ha dato e che ancora in questo momento dell’anno non manca di elargire i suoi doni, il primo gennaio. Diana oscura è anche Mania, la dea a cui sono vicini i nostri antenati poiché come spiriti dei defunti risuonano con il Regno Oscuro. Il 2 gennaio all’alba salutiamo Diana Strenua Mania della Notte consumando i dolcetti che abbiamo mangiato in compagnia il 31 e che abbiamo offerto alla dea la notte del primo. Le celebrazioni si concludono, Diana l’Antica sulla sua scopa vola via e ci si incammina piano piano verso la parte luminosa dell’anno.
Riferimenti bibliografici
William Smith, A dictionary of greek and roman antiquities, London 1875
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Calendario Romano, Ed. Victrix, Forlì 2017.
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